15.12.2013 – La Juventus “scende in campo” legale: i recenti casi Vidal e Mutu

Non si può certo dire che sia un momento facile per la Juventus. Aldilà dell’amara eliminazione in Champions League, i legali della Vecchia Signora sono dovuti anch’essi “scendere in campo” per intervenire tempestivamente in merito a due importanti controversie.

La prima e più recente, è quella che ha riguardato il giocatore juventino Arturo Vidal contro la Federazione cilena, la quale voleva impedire al giocatore di scendere in campo contro il Livorno in occasione della 13esima giornata di campionato; l’altra, invece, è quella riguardante l’ex bianconero Adrian Mutu e la decisione emessa dalla Dispute Resolution Chamber della FIFA, che ha condannato in solido alla Juventus ed al Livorno al pagamento di 21 milioni di euro al Chelsea, a titolo di risarcimento danni (ben potendo ciò destabilizzare le strategie di mercato della società bianconera). Ma procediamo con ordine.

Il caso Vidal è emerso in occasione dell’ultima sosta di campionato per dar spazio alle Nazionali. Il calciatore cileno, convocato per le amichevoli contro Inghilterra e Brasile (quest’ultima giocata lo scorso 19 Novembre), era stato costretto a rientrare a Torino per motivi precauzionali, a causa di un problema muscolare accusato nel match contro il Napoli. Tale rientro anticipato avrebbe potuto causare il non impiego del giocatore nella successiva gara contro il Livorno a causa della c.d. “Five day rule” della FIFA, ex art. 5 allegato 1 del Regolamento FIFA sullo “Status e sui Trasferimenti dei Calciatori”, in base al quale “un calciatore che sia stato convocato dalla propria Federazione per far parte della rosa di una delle sue squadre nazionali non ha diritto, salvo diverso accordo con la relativa Federazione, a giocare per la società con la quale è tesserato durante il periodo del rilascio o durante il periodo in cui tale calciatore avrebbe dovuto essere rilasciato ai sensi dei disposti del presente allegato. La suddetta limitazione di giocare per la società deve inoltre essere prolungata di 5 giorni qualora il calciatore, per un motivo qualsiasi, non abbia voluto o potuto rispondere alla convocazione.” Quindi, soltanto un accordo fra il club torinese e la Federazione cilena avrebbe risolto il caso, ma ciò non è avvenuto.

La Federazione, infatti, si è rifiutata di concedere il nulla osta costringendo il club bianconero a fare immediatamente ricorso alla FIFA per poter disporre di Vidal a Livorno. La Juventus, dal canto suo, sosteneva l’inapplicabilità della citata norma, in quanto applicabile soltanto ai giocatori che non rispondono alle convocazioni. Vidal, invece, avendo regolarmente risposto alla chiamata della sua nazionale ed essendo stata la stessa Federazione cilena, tramite il proprio staff medico, a far tornare il giocatore infortunato a Torino ex art. 4 allegato 1 Regolamento FIFA, avrebbe tenuto un comportamento impeccabile e, pertanto, nella norma. La FIFA, dopo qualche giorno di attesa, ha approvato il ricorso concedendo, così, il tanto sperato nulla osta.

Per quanto concerne, invece, il caso Mutu, attualmente tesserato nel club francese dell’Ajaccio, la società bianconera, dopo la citata decisione della Dispute Resolution Chamber della FIFA, ha inteso ricorrere al TAS di Losanna quale organo di ultima istanza. Bisogna precisare che, inizialmente, la multa di 21 milioni di euro (comprensivi di interessi), fu inflitta nell’agosto 2008, dalla FIFA allo stesso Mutu. Decisione confermata anche nel 2010 dallo stesso TAS, ma, vista l’impossibilità di ottenere il risarcimento dal calciatore, il club inglese aveva deciso di rivolgersi alla FIFA per rivalersi nei confronti dei due club italiani.

Per capire meglio la vicenda bisogna fare un ulteriore salto indietro di ben 10 anni. L’intera vicenda ha origine infatti nell’agosto del 2003 quando Mutu arrivò al Chelsea dal Parma per 15 milioni di sterline e dopo appena una stagione, nel settembre del 2004, risultò positivo alla cocaina in seguito ad un controllo antidoping interno al club. La Federcalcio inglese, il 19 ottobre 2004, lo squalificò per sette mesi imponendogli di pagare un’ammenda di 20 mila sterline, mentre il club londinese cercò fin da subito di ottenere un risarcimento, chiedendo alla Football Association di bloccare il cartellino di Mutu, fintantoché non fosse stata risolta la querelle (impedendogli, così, il trasferimento ad altro club).

La Football Association non accolse, però, tale richiesta e, di conseguenza, nell’ottobre 2004, il club inglese decise di licenziare in tronco per giusta causa il rumeno. Il giocatore restò svincolato fino a gennaio 2005, quando venne tesserato dalla Juventus e subito girato in prestito al Livorno a causa dei limiti di tesseramento per gli extracomunitari. Fu proprio questo repentino tesseramento “a costo zero” di un giocatore licenziato per giusta causa il motivo per cui il Chelsea decise di presentare il ricorso alla FIFA.

Il club di Torino, dal canto suo, sostiene che non siano state in alcun modo Livorno e Juventus ad indurre Mutu a liberarsi dal Chelsea, ma che la decisione di interrompere il rapporto con il calciatore sia stata autonomamente assunta dal club di Londra. Bisognerà poi prestare particolare attenzione al contenuto del contratto firmato tra il Chelsea ed il calciatore alla ricerca di possibili clausole che possano coinvolgere i club subentrati successivamente nei rapporti con il rumeno, così come sostenuto dal suo procuratore.

Dunque, una vicenda molto delicata che certamente avrebbe avuto sviluppi differenti qualora il Chelsea avesse seguito il comportamento tenuto dalla stragrande maggioranza dei club che si trovano a fronteggiare situazioni del genere, ovvero comminare una pesante multa ed eventualmente sospendere il pagamento dallo stipendio per la durata della squalifica. Avendo, invece, deciso di applicare la più grave sanzione disciplinare prevista dall’ordinamento giuslavoristico, ossia il licenziamento “ad nutum“, il club londinese ha rinunciato al cartellino del giocatore senza salvaguardare – per certi aspetti – il proprio investimento.

Ad ogni modo, la FIFA, in prima istanza, ha dato ragione al club londinese affermando il principio secondo cui assumere un calciatore senza contratto da alcuni mesi, licenziato per giusta causa, possa comportare l’obbligo di risarcimento danni in capo al club che successivamente abbia tesserato il giocatore nei confronti della squadra che lo abbia licenziato. Rimarremo, quindi, in attesa della decisione del TAS per capire meglio i successivi sviluppi della vicenda.

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